MEMORIE DI UNA GEISHA (MEMOIRS OF A GEISHA) |
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di Rob Marshall, con Zhang Ziyi, Ken Watanabe, Gong Li, Michelle Yeoh
(Stati Uniti, 2005)
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Capita, pure al cinema, che la storia si ripeta. Ex regista e coreografo teatrale, nel 2002 Rob Marshall porta sullo schermo CHICAGO, musical a Broadway firmato del grande Bob Fosse. Scimmiotta gli elementi dinamici e poetici che hanno fatto la fama dell'autore di ALL THAT JAZZ, riduce in mutande Richard Gere, lascia che la coproduttrice Catherine Zeta-Jones si disarticoli in calzamaglia, convince la parte strabica della critica internazionale a considerare il tutto come una rinascita della mitica tradizione dei Donen, Cukor o Minnelli, vince sei Oscar. Trascorrono tre anni: ed il nostro, qui lo comprendiamo, dev'essere rimasto sedotto dal fascino, o forse anche dal successo di IN THE MOOOD FOR LOVE: adatta il romanzo di Arthur Golden sulle disgrazie delle geishe, sceglie le tre più belle e (quando ben dirette) brave attrici cinesi: tanto gli occidentali le confondono con le giapponesi). Ed è ovviamente già nominato ai prossimi Oscar. Intendiamoci, non è proibito rendere un omaggio agli universi sublimi dei Wong Kar-Wai o Zhang Yimou ricreandoli negli studios di Los Angeles a colpi di kimono da far indossare a tre meraviglie, anche se a questo punto degradate al ruolo di top-model. E nemmeno definire magari come postmoderna l'intera operazione. Ma MEMORIE è fatta da qualcuno che ci crede e vorrebbe ci cascassimo. In una storia che, per chi non la conoscesse da tempo, poteva essere raccontata approfondendone gli aspetti: che non fossero soltanto quelli della Cenerentola strappata alla capanna di miserabili pescatori, condotta nel quartiere di Kyoto dalle lanterne rosse onnipresenti nel caso non avessimo capito, educata alla rigida disciplina della geishe che soltanto i soldati americani sbarcati nel 45 non riusciranno a distinguere dalle puttane. Ma pure qui, mi direte, nessuno proibisce di riprendere le regole del grande melodramma sentimentale: con il destino femminile che, una volta superate le angustie imposte della malasorte e l'invidia perversa delle colleghe costringerà alla rinuncia dell'unico amore per poter accedere allo stato sociale ed al benessere. Solo che il debordante compiacimento fotografico di Rob Marshall ottiene l'effetto contrario. E, nella preoccupazione egoista di enfatizzare nei chiaroscuri ogni oggetto che capiti a tiro della sua cinepresa rinuncia a riscattare dall'approssimazione le sue situazioni e le psicologie dei personaggi.
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Il film in Internet (Google)
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capolavoro
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da evitare
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